martedì 2 febbraio 2010

La piazza


Se volessimo farci due risate nell’analizzare questa città ed alcune sue criticità, potremmo soffermarci sui gusti discutibili relativi ai tatuaggi (tanti, nella maggior parte esteticamente brutti, in parti del corpo eccessivamente esposte), sui negozi dedicati a ciambelle (buone sì, ma farci un business monotematico mi fa ridere), sulle scarse abilità nel ballo, oppure sull’abbigliamento femminile (è come se i manichini di American Apparel avessero preso vita, buttandosi nelle strade, nelle piazze. Colori, forme, combinazione capi). Possiamo però anche concederci un post di più ampio respiro, leggermente più profondo. Forse dobbiamo.

Le piazze, dicevamo. Per noi luoghi in cui stare, per loro posti da attraversare. Forse sta in questa semplice immagine la differenza colossale tra noi e loro, tra i latini e gli anglosassoni (buona parte). Ce l’hanno sempre invidiata, loro, la Piazza. Quella con la maiuscola. Quella che abbiamo sempre sperimentato da piccoli. Abbiamo i bambini che giocano col pallone, abbiamo madri che comprano un gelato ai figli, abbiamo a volte qualcuno che impenna in motorino ma pazienza. Insomma..sì, luoghi e non ‘non luoghi’ come direbbe qualcuno più qualificato. Noi lì ci fermiamo, noi lì ci incontriamo, noi la piazza la viviamo o comunque l’abbiamo vissuta. A questo si aggiunga la nostra storia, la nostra evoluzione, il nostro ‘essere’ residenti’ più che viaggiatori che, per carità, può non essere invidiabile ma ci ha messo in mano delle carte da giocare, socialmente parlando. E poi il cristianesimo c’entra, e poi una morale cattolica che forse in questo caso ha detto la sua positivamente. Un’idea di comunione che fa parte di noi. E poi sono sempre stato un fan dell’oratorio, a patto di uscirne senza se e senza ma al termine dell’adolescenza. Tutto ciò ci ha regalato un grande cuore. Davvero. Li ho guardati molto, questi signori qui, a Melbourne. E intanto buttavo un’occhiata su di noi. In mezzo al calderone in cui viviamo, fitto di politica, paura, ignoranza e puzza di medioevo, ci resta questo. E te ne accorgi quando sei qui, quando inizi a fare dei paragoni per capire quanto sei indietro rispetto al mondo, a questo mondo. Siamo indietro, sì, ma questo modo italiano/latino di vivere la socialità è eccezionale. Facciamo paragoni sì, noi italiani. Paragoni che loro non fanno, stando in un paese più sereno, e pertanto problemi che loro non si pongono. E così non acquisiscono quel tassello fondamentale del mosaico della vivibilità perfetta di un paese. Noi mettiamo il naso fuori dal confine e ci sentiamo fragili, abbiamo bisogno di capire, ci sentiamo spesso delle merde. Ma se troviamo una piazza tiriamo un bel sospirone e ci guardiamo attorno, perché uno come noi lì in mezzo, lo troviamo sicuro. Qui corrono e le strade del centro sono affollate di formiche. Qui la qualità della vita è migliore, regna la cordialità e soprattutto regna la conoscenza. Ci si conosce, ci si mette un attimo a conoscersi. Ma da lì a essere amici mmmmmm. …bip. Corto circuito per loro. Ne conoscerete un’infinità di australiani o inglesi girando per vari paesi e chissà quante birre berrete assieme a loro. Sta di fatto che quando sarà il momento di un bbq o di una festicciola l’sms, chissà perché, vi arriverà da un argentino, uno spagnolo, forse un francese. Oppure vi va di culo e un aussie vi inviterà al suo bbq (qui sono fissati, troppo, con sto cazzo di bbq. Come se fosse ostentazione dell’essere uomini di mondo) ma poi vi ritroverete abbracciati a argentini, spagnoli, forse dei francesci. Stiamo estremizzando, certo. Stiamo parlando dopo l’analisi di campioni e dopo riflessioni condivise con amici qui e lì.

In Federation Sq, il cuore della città, un gigante maxischermo è sintonizzato su Channel 7. Chi si siede nella piazza apre il suo zaino, prende il suo lunch pack e si mette a guardare la televisione. Al suo fianco ha altre persone ma gli sguardi non si incrociano mai, catalizzati da quell’ammasso di pixels sul lato sud. Noi non lo faremmo. Dove voglio arrivare? Da nessuna parte, credo. Penso solo che il paese perfetto non esista, perché altrimenti qui , in Federation Sq, si guarderebbero negli occhi. Quanto a noi, siamo anni luce lontani dalla perfezione ma anche dalla decenza. Grazie a Dio, cari capoccia, bestie, ignoranti e pidocchi d’Italia, portarci via questa umanità sarà per voi difficilissimo.

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