lunedì 29 marzo 2010

Sydney Contest

Eccolo lì. Con ogni probabilità questo era l’ultimo weekend fuori Melbourne. Ed è scivolato via tra macchina, concerto e breve passeggiata a Bondi Beach. Ricapitoliamo: Ya Lingo Night all’UTS di Sydney per una serata dedicata alla musica multilingua con decine di dj e musicisti e con un contest tra mc. Sembra buffo ma io sono stato chiamato proprio per questo. Dopo il rodaggio di inizio mese al Bar Open di Melbourne a sto giro la parola esibizione è stata sostituita da ‘contest’ e la cosa non mi ha fatto grande piacere viste le mie note paranoie ansiogene. In ogni caso, partenza a mezzanotte da Brunswick st come da programma studiato dal driver e musicista Kieran. Sul van (grande lusso, supernuovo) ci siamo ritrovati in 5: con me Kieran, misterX (non mi ricordo il nome visto il suo ruolo anonimo di dj), Pat (mc srilankese), Kaigen (mc giapponese). Le 10 ore e mezza di viaggio notturno non sono state malissimo se non per la musica. Cioè, tu pensi multilingua, sai che a loro piace il reggae, la musica per l'appunto etnica e vatti a fidare. Momenti difficili. Musica electro minimal etnica, Non lo so. Non c’è definizione e già questo non è un punto a suo favore. Dieci ore possono passare velocemente ma possono essere un incubo con la musica sbagliata. Il video qui sotto è un breve collage di colonne sonore che hanno accompagnato andata e ritorno. Giusto per darvi un’idea. Io credo che anche un apertissimo Mandela dopo un paio d’ore avrebbe chiesto di scendere da quell’auto. E ne sarebbe sceso stizzito.

Insomma, colonna sonora critica a parte si è arrivati a Sydney. Check-in in Bondi Beach, ostello di tutto rispetto, breve riposino, passeggiata a Bondi Beach dove mi trovo costretto a comprare un paio di occhiali perché altrimenti avrei davvero fatto una figuraccia. Erano tutti belli ed abbronzati. Io brutto e senza occhiali. Ho comprato un paio per salvare il salvabile. Ho comprato dei Rayban tarocchi da una slava. Era palesemente slava. E prima che mi avvicinassi era lì con la sua bancarella a strillare dicendo vaccate tipo “occhiali italiani originali. Fidatevi di questa roba italiana. Dall’Italia fino a qui in Sydney. Affrettatevi bla bla”. Mi sono avvicinato, lei ha proseguito con le sue vaccate anglo-slave. Mi ha chiesto di dove fossi e ha firmato la sua condanna. “Italia, tu?”. “ehm…italiano anche ah..hey, comme stare? Wherre dove italiani?”. A posto. Per timbrare il cartellino mi sono fatto comunque gabbare con dei Rayban tarocchi a 20 dollari. Scusate, torniamo alla giornata.

Alle 6 siamo nel locale. Bello, grande, tre sale. Secondo me troppe. Sound check a rilento..i musicisti son tanti mentre noi mc annoiati beviamo qualche birra e ci conosciamo un po’ di più. E arrivato intanto anche Andreis, quarto mc brasiliano. Saremo in 4, e non in otto come previsto, a giocarcela in allegria. Il problema è che loro sono troooppo seri. Mi chiedono se sono a Melbourne per un tour. No. Mi chiedono se sto lavorando con qualche produttore. No. Sostanzialmente mi chiedono che cazzo ci stia a fare lì con loro. Sì. Questa domanda non è male. Glielo spiego e liquidano con un “well, cool”. Poi iniziano loro: Pat ha fuori il nuovo disco, lo fa quasi di lavoro, sta lavorando sulle nuove tracce e m dice che una band italiano lo ha contattato per registrare un pezzo dub con la sua voce. Kaigen, tra un po’ tornerà a Tokyo dopo aver vissuto e suonato a Melbourne. Capatina a Tokyo e poi tour europeo di 3 settimane grazie al suo promoter canadese. E’ lì che gli rigiro la domanda che mi è stata posta pocanzi. “Che cazzo ci sto a fare?”. Ridono, “cool”, “sick”, “fuckin’ wicked”, sarcazzo. Va bene, calma e sangue freddo, giochiamoci le carte della banalità che funzionano: italiano, esordisci con un bel ‘ciao’, ballicchia, saluta, sorridi. Ecco sì, sorridi. Perché qui gli altri si prendono sul serio. Meglio fare il coglione. E’ tardi quando al primo round mi tocca il brasiliano. E’ bravo..e anche grosso. Poi tocca a me. Un po’ per nervosismo e un po’ per attesa. Si passa il turno, si sbeffeggia un po’ il secondo finalista Pat ribadendogli il concetto che “cazzo ci faccio qui non lo so ma ci facciamo due risate”. La finale vede Pat fare il figo (e molto bene) e vede me fare il giocherellone. Ecco una bozza di finale con video di contorno.

E Sydney si tinge d’azzurro. E’ bastato poco, è bastato fare il coglione. La cosa mi porta ad inquietanti riflessioni sulla mia persona che però rimanderò a maggio. Il resto è birra, ristorante koreano alle 4 di mattina, una dormita rapida, una colazione sostanziosa ed un viaggio di ritorno che mi porta nel mio letto di Melbourne dopo code in autostrade, odori discutibili di misterX, Kaigen al mio fianco che sbava ogni volta che si addormenta e il due volte campione Pat che ribadisce ridendo un concetto molto chiaro “Champion of nothing, mate”. Lo dice scherzando e non con cattiveria. Ha ragione. Tutti meritavano di vincere.

Però io nella mia autoradio non metto sta merda e poi ah, si…mi faccio una cazzo di risata. Quasi sempre.


giovedì 25 marzo 2010

Lingualunga (Cud-iu -pi-pèlli?)

Degli indiani ne abbiamo parlato fino alla nausea. Sono loro i padroni del mondo taxi. Pertanto la percentuale di salire su un bel Cab, entrare, girarsi a destra e vedere un bel signorino di Mumbay si aggira attorno al 75%. Ma va bene, benissimo. Fino a quando ti allacci la cintura però. Perché poi dici “36 Shelley st, please” e lì loro mi vanno in sbatti. Gli indiani hanno tutti questa caratteristica. Dio salvi gli indiani e il Chicken Tikka Masala. Ma gli indiani non sanno le strade, di default. Un esamino potrebbero farlo, un tuttocittà da studiarsi la sera. No. Niente, tanto panico. Lo vedi nei suoi occhi bianchi bianchi e teneri, ingenui. Molla una mano dal volante, si allarga il colletto della camicia denotando nervosismo e va lì, lì dove secondo me non si può, non si deve. Il tom tom a ventosa sul vetro. Dai, è come uno chef che fa i suoi piatti sfogliando il ‘cucchiaio d’argento’. Anzi, è peggio. E’ come un pittore che dipinge ma a utilizza le figure già stilizzate da riempire coi colori. Il tassametro segna 4.80 e tra una ventina di secondi sarà sul 5.40. Gioco di sguardi, sorriso, tip tic, trac, tip…..bip. “Cud iu pi pèlli?”. Niente, potrei rispondere qualsiasi cosa. Riproviamo: “36, shelley st, North Richmond.”. Effettivamente mi son dimenticato di specificare il quartiere. Eccolo, il 5.40. “Cud iu pi pèlli?”. Ostia. Mi prendo qualche secondo per riflettere e far arrivare il conto a 6.00. Poi mi viene in mente la Thailandia dell’anno scorso, i loro tassisti capaci di ripetere a cantilena un “uè iu go?”, un simil “where are you going?” e lì la svolta. “Cud iu pi pèlli”..banalmente “Could you please spell it”. Scemo io. E allora rimedio facendogli questo benedetto “pèlli”. Non capisce, digita. Io lo correggo, lui non trova, io guardo il tassametro, io pèlli pelli ma niente, lui smadonna stretto io lo seguo a ruota, momenti difficili, tassametro eiacula e allora BASTA. Faccio segno dritto, dritto dritto, prima a destra, fermo qui e ci siamo. Il tassametro si fuma una sigaretta. Scendo. Ma ho imparato, in ogni caso. Ora salgo, sparato, i suoi occhi timidi non mi fregano, non li incrocio. Mi allaccio la cintura e chiedo di portarmi al 36 di s-h-e-l-l-e-y street. “mi hai preso per un cazzo di indiano? Mi devi fare lo spelling? Shelley, non son rincoglionito”, risponderà uno di quelli biondi, appartenenti al restante 25%.

E spendiamo qualche parola per la coinquilina francese. Tenera, ingenua, spesso irritante nella sua ingenuità che la trasforma in una 14enne, sempre e comunque di una pesantezza esagerata. E siamo sempre nell’ambito del linguaggio. Come sapete, assieme a francesi e spagnoli, ci giochiamo il cucchiaio di legno come capre english speaking. La tenerissima ragazza in casa, apprezzabile, vuole migliorarsi, vuole sentire inglese e parlare inglese. Ogni ora, ogni secondo. Ogni occasione è buona. Quando stai cucinando lei arriverà chiedendoti cosa stai facendo (secondo te cosa sto facendo?), ti dirà cosa ha fatto nella giornata e cosa farà domani. Tutto questo nonostante tu non glielo abbia mai chiesto. La mia gentilezza sembra avere un limite. Quando entrerai in casa dopo una giornata di lavoro duro (perché non siamo mica qui a far ballar la scimmia=we’re not here to fuck spiders…giuro.) lei si butterà in corridoio attaccando bottone. Tutto questo è tollerabile per un mese ma non di più. Anche perché capire il suo inglese risulta difficile, molto più dell’australiano. Mi ritrovo quindi ad evitare di dare spunti di conversazione. Ora quando entri in cucina SAI che il suo sguardo è su di te, SAI che i suoi occhi ti scrutano ed il suo cervello si sta mettendo in moto per partorire una frase e rompere il ghiaccio. Ma io ora SO. E quando entro in cucina abbasso lo sguardo, fingo di ricevere una telefonata al cellulare, fingo di avere freddo quando sono in giardino e lei arriva, fingo di avere caldo e vado in giardino quando è lei a cucinare. In tutto questo ho deciso di parlarne con LIz. L’ho presa in disparte qualche giorno fa confidandole il disagio. “Quella parla troppo. Non si può restare solo con lei”. Liz mi ha guardato con occhi lucidi, ha abbozzato un sorriso, si è alzata dalla sedia e mi ha abbracciato. L’incubo non è solo italiano.

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Consigli per gli ascolti:

-per mobilitare la massa nella piazza (1 milione e mezzo), visto il momentino http://www.youtube.com/watch?v=ZN3nwA5K5ro the fratellis con ’chelsea dagger’

-il clima elezioni non può che influenzare anche i consigli. Direttamente da Christchurch ecco Kora con ‘politician’ http://www.youtube.com/watch?v=1HU83XckOeM

-primavera, sole ed ormoni con Gig Wigmore e la sua ‘Under my skin’ http://www.youtube.com/watch?v=cGdIpcj0HJo

-ora che le giornate si allungano, qualora ci fosse una bella giornata tiepida, camminate in qualche parco cittadino aspettando il tramonto con John Butler Trio ‘Better than’ http://www.youtube.com/watch?v=79cG_F1GxfI

-da ascoltare rigorosamente dopo le 2 am spalancando la finestra e guardando il silenzio fuori http://www.youtube.com/watch?v=_rl1qbz5_nI

domenica 21 marzo 2010

Generationation


“Ah, North Richmond?”

“Sì!”

“Ma senti, è ancora il centro per lo smistamento dell’eroina?"

“Ecco quello non lo so. Di sicuro sono molto attivi su tutto il resto”.

Il regno dell’eroina mi mancava. Forse la mia casa costa così tanto per la sua posizione strategica di vicinanza a questo, di centro. Obiettivamente ne sto vedendo ed ascoltando tante. Una posizione privilegiata su alcol, cocaina, foglie di coca, pasticconi e droghe leggere. Prima di parlare di allarme drammatico nel nostro paese sulla questione vi inviterei a fare un giretto qui. Lo so, il volo costicchia, ma vi farebbe bene. E pensare che loro sono 20 milioni. Insomma, noi ce la caviamo bene, siamo bravi ragazzi. Anche sul resto. I sussidi statali sono una grande cosa, sono il segnale tangibile di uno stato vicino, a sostegno della società, della persona. Quando poi scopri che una tua coinquilina lavora in nero e si reca ciclicamente all’ufficio di assistenza familiare fingendosi depressa e psicopatica per ciucciarsi il sussidio ed evitare che lo stato le trovi un lavoro regolare sorridi. All’inizio sorridi per il fascino della storia. E poi pensi che, quando vuole, tutto il mondo sa essere paese. Come quando ti rendi conto che, in perfetto scandinavian styla, le donne under 20 sfornano bimbi oz come conigli non sono poche. Nessun pensiero di lungo periodo alla famiglia o al futuro del pargolo ma solo gioia di breve periodo per un sussidio che riempie il portafoglio. No bene.

E ora, come sempre, un punto a favore di questi oceanici: il mescolone delle generazioni nella forbice 20-40. In sostanza, i giovani sono/si sentono più adulti e gli adulti sono/si sentono più giovani. Ventenni emancipati con un piede già nel mondo del lavoro e rodati sul divertimento, indipendenti e pieni di passioni. Quarantenni con un piede nuovamente nel mondo del divertimento, indipendenti, pieni di passioni. L’equilibrio è dettato dalla responsabilità. Responsabilità che può essere di chi deve crescere ed investire; responsabilità di chi responsabile lo è già diventato ma non per questo deve rinunciare al resto. In effetti, responsabilità e divertimento non sono antitetici, nonostante da noi spesso si faccia passare questo concetto distruttivo. L’interazione tra le generazioni è molto forte perchè maggiori sono i punti di contatto. L’adulto tira verso il basso e i giovane tira verso l’alto. Pensate a noi: l’adulto tira verso l’alto ed il giovane verso il basso. Distanti. Generazioni impermeabili. Sarà anche per questo che mi trovo bene. Sarà per il fatto che, tirando in basso di là e tirando in alto di là, mi ritrovo proprio nel mezzo di questo asse generazionale, in cui sembra facile vivere un’età adulta divertente, capace di rendere divertenti le responsabilità, condendole con le cazzate di un giovanotto che non si perdono ma vengono semplicemente meglio bilanciate da altro. Forse è per quello che da noi mi sembra più difficile. Quando devo scegliere se sentirmi vecchio e stanco non essendolo ancora oppure adolescente ed imbecille non essendolo più. Come se i due estremi mi dicessero “scegli: o con me o contro di me”. In ogni caso, quando torno, per un paio di anni scelgo ancora l’imbecille.

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Consigli per gli ascolti:

Love of diagrams con ‘Look out’ per l’introspezione

Se volete iniziare una festa bene, facendo alzare la gente dai divani allora ancora The Black Seeds con ‘Come to me’

Sean Paul con ‘Pepperpot’ per chi è felice

Sister Nancy con ‘Bam bam’ per una sveglia lenta, pigra ma serena di una giornata non lavorativa tiepida che tende al caldo

Se invece la sveglia lenta procede in una giornata cupa con le nuvole vicine che ovattano tutto la scelta ricade sui Seeed con ‘Slowlife’

Attenzione: momento malinconia. ‘Viola’ degli Shandon.

La finale già persa

Non è supponenza per la finale di Madrid e nemmeno pessimismo/paura di non arrivarci. La finale l’abbiamo persa, ieri. All’Etihad Stadium di Melbourne è andato in scena l’atto finale della A-League, uno dei campionati di calcio più spumeggianti del globo. Melbourne Victory (loro sì, supponenti già nel nome) vs Sydney Fc. La lotteria dei rigori ha decretato campioni quei cani del New South Wales. Per la cronaca, Melbourne ci ha provato più volte dopo il pareggio ma a nulla sono serviti i supplementari. Anche io c’ho provato, dopo i penalties, a prendere i taxi per andare a una festa a Yarraville, ma a nulla è servito il taxi, bloccato sempre dagli stessi cani, presi da festeggiamenti in Spencer st. Per la cronaca alla festa ci sono arrivato. Tardi ma ci sono arrivato. Partita travolgente se si pensa che per la prima volta nella mia vita mi sono alzato dal mio posto (ben 4 volte) nei primi 90 minuti. Birra, pipì, hamburger, pipì. Partita comparabile ad una finale playoff di Lega Pro, ravvivata da falli splendidi che in Italia avrebbero fatto finire il match in 8 contro 8 e dall’infortunio critico di Archie Thompson in chiave mondiali che ora riapre le porte dei Socceroos a Viduka.

Clima in ogni caso stupendo: 50mila persone, fish&chips libero, tanti bambini e tante bellissime donne. Ne abbiamo discusso con Adrian, amico argentino, di queste donne biondissime ed in forma, dotate di tacco e vestitini aderenti per una partita di calcio. Non abbiamo trovato una risposta al perché la donna media nello stadio fosse esteticamente superiore alla donna media australiana. Adrian, scuola Boca Junior ed infanzia spesa alla Bombonera di Buenos Aires, ha in ogni caso colto nel segno: “queste qui da noi sarebbero incinte ancora prima di sedersi al loro seggiolino”. Da noi no. I nostri tifosi le farebbero accomodare e star tranquille almeno fino al calcio d’inizio. La giornata di ieri ha anche visto il ritorno sulla tavola da surf dopo 2 anni e mezzo. Momenti difficili. Credo di aver messo di buon umore un’intera spiaggia di Phillip Island. Quindi qualcosa di buono è stato fatto.


martedì 16 marzo 2010

Guerra incivile

Ognuno ha i suoi problemi di integrazione, certo, ed ognuno ha i suoi problemi di tolleranza. Palese. Non possiamo dimenticarci del popolo aborigeno a cui il primo ministro laburista Rudd ha chiesto scusa un secondo dopo il suo insediamento di fine 2007 per la cruda mancanza di rispetto e per la cancellazione di una storia infinita che, anche grazie ai 12 anni di governo liberale, è stata messa in soffitta come roba vecchia di alcun valore. Gli aborigeni li vedete ubriachi alle fermate del tram, negli spazi aggregativi a loro dedicati che puzzano di ghetto molto più di quanto loro puzzino di alcol.

Difficile ora invertire la tendenza, difficile lavarsi la coscienza pensando che delle riserve circo nel deserto possano bastare. La questione indiana è delicata, l'ondata non si ferma, la professionalizzazione si schiaccia verso il basso. Crescono gli episodi di razzismo e gli indiani sono l'obiettivo primario di violenza. Morti, pestaggi, minacce ripetute, incrementate notevolmente dalla metà dello scorso anno. Un 2009 che registra oltre 1400 indiani vittime di violenza. L'ultimo episodio finito sulle pagine di cronaca risale al 27 dicembre quando Nitin Garg, studente indiano di 21, muore accoltellato nella periferia ovest di Melbourne. Ammazzato là dove, un tempo, il ghetto era quello italiano, oggi lasciato ad asiatici ed africani.

Cresce nei quartieri poveri, il razzismo, sostanzialmente la paura che qualcuno ti possa rubare lavoro, casa, opportunità e futuro dei tuoi figli. Qui sta il primo punto della questione australiana: un mercato del lavoro decisamente più florido del nostro in cui le posizioni cosiddette 'basse' sono occupate (e non vacanti) da indiani che non lasciano briciole agli australiani 'bassi'. E' lì che scatta il cortocircuito della macchina cittadinanza+lavoro+sopravvivenza. Gli australiani possono trovare alcune posizioni medio-basse coperte. Ragazze australiane che non vedono l'ora di sposare il proprio fidanzato inglese e vivere in questa nazione passano le pene dell'inferno per avere l'ok di un governo che ai loro occhi apre le frontiere indistintamente ai giovani pakistani. Corto circuito. Non troppe domande, non troppe riflessioni. Semplicemente corto circuito e sensazione di scippo. Che in certe occasioni sembra esserci. Il motivo sta forse anche nella definizione. Si chiama "mercato del lavoro" e non "isola felice in cui ognuno sceglie il proprio lavoro" o nemmeno "mercato per gli australiani ariani purosangue (che tralaltro non esistono storicamente)".

Dovrei avercela a morte con l'Australia, visti i miei visti. Ma non e' il caso. Il governo ha delle regole, pasticcione e mutevoli questo e' vero, ma le ha. E le inquadra in un modello che premia lo straniero in un lungo periodo, in seguito ad un suo costante contributo. Il governo ha ultimamente aumentato controlli perchè se da un lato può essere accusato di fare business su certi tipi di visto ed aumentare la concorrenza per gli stessi australiani, dall'altro si e' indispettito dei raggiri o degli utilizzi impropri di visto. E' un problema, eccome. E' un problema dell'australiano che però cercando bene troverà. E' un problema dell'inglese che qui ha trovato l'amore e che non si da' pace ma che alla fine ce la faraà perchè ha tutte le carte in regola. E' un problema per l'indiano che se si affiderà al raggiro neppure resterà per troppo tempo. Rileggo bene. Non vorrei che ciò che ho scritto potesse essere intriso di razzismo o di demagocici richiami alla legalità che tanto sentiamo ronzare nelle nostre orecchie italiche. Riletto. No, non lo è. Perchè i diritti e doveri devono esistere. Per chiunque. Ma uno stato deve essere lucido. E umano. E da noi si parla di legalità che, moltiplicata per paura, sbiadisce i diritti e lascia doveri. Anzi, i doveri diventano divieti e sospetti.

Non ci si appelli all'incremento di violenza: ieri il The Age ha pubblicato numeri agghiaccianti sulla violenze nello stato del Victoria, superiori a tutti gli altri stati della federazione, superiori alle più grandi e problematiche città americane, superiori a moltissime città europee. "Eh allora vedi? Che se ce ne son tanti è un casino?" diranno alcuni. Particolare da non tralasciare: qui il giornale non parla di violenza ed immigrati. Parla di violenza e poi usa un altro articolo per parlare degli immigrati. Nessun effetto domino e nessun uso di un problema per andare giustificarsi su un altro. E a vedere le cifre, forse se lo potrebbero permettere più di noi. Bella, la legalità. Legalità, sicurezza, rispetto della cultura che si degna di accoglierti. Si 'degna', si dice. Giusto per mettere a proprio agio l'ospite. Che da noi solitamente non ruba lavoro ma e' semplicemente un cazzo di terrorista, dicono. Spesso è un negro, dicono. Che non capisco cosa voglia dire bene bene.

Dico questo ripensando al binomio diritti e doveri, e ripensando a sabato quando in Federation Square la piazza ha visto una lunga notte dedicata alle star di Bollywood ed alla consegna di awards per compagnie di danza indiane, con un pubblico nutrito e soprattutto misto. E ripenso alla manifestazione islamica di tre settimane fa, sempre qui, in quella che e' la piazza principale e chissenefrega se è a 50 metri dalla Cattedrale.

Penso poi alla tolleranza..ed al fatto che qui alla parola 'gay' non ci fai caso. Da noi salta subito all'occhio: in tv, su un foglio, in una foto. E' come se fosse scritta sempre in grassetto anche se non lo è. E penso a quelle coppie gay felici che non si tengono la mano non solo quando la strada e' buia e pensano di esser da soli ma anche nella via principale quando c'e' un sole che spacca le pietre. E penso alla Cassazione che ha detto, fiera fierissima, che dare del gay è reato. E nonostante le buone intenzioni questo non fa altro che lasciare la parola ‘gay’ in grassetto. Distinguere. Distinguere una parola da chi ne fa un uso becero a causa della sua inferiorità morale e culturale, per Dio. Penso anche alla mia radio: una radio multiculturale che trasmette in nazionale in 68 lingue per le comunità immigrate. Davanti a me i vietnamiti, girato l'angolo gli arabi spalla a spalla con gli indiani, gli armeni, i giapponesi, i russi, i mandarini, gli africani, i bulgari, i macedoni, i maltesi, gli albanesi, i serbi, i croati, i macedoni, i turchi, i nepalesi e ne mancan molti per arrivare a 68. Ve la immaginate da noi? Chiudete gli occhi, limitate le lingue a 5/6. Vi immaginate come la parola legalità si abbatterebbe su un progetto del genere, invocando crociate, invasioni, oscuramento della storia? Le stesse nostre persone direbbero le solite cose. Difendere vs evolvere? Mettere l'Italia sotto spirito vs rimettere l'Italia nel mondo? Vergognarsi vs andare fieri di qualcosa. Che qualcuno ci conquisti insegnandoci il mondo. Gli idioti non hanno compreso che il mondo e' permeabile in ogni suo poro, e che ogni stato civile accoglie e rilascia. Idee e persone. Non saremo noi, piccolo stivale, a fermare la tendenza. Non sarà la rabbia per l’incapacità di risolvere problemi a polverizzarne altri dietro cui si celano potenzialità. La storia 'italiani brava gente. Italiani grande cuore' mi fa svenire il voltastomaco.

Chiudo citando una riflessione di un mio grande amico e ottimo giornalista che “nota una certa somiglianza tra l'Italia calcistica e l'Italia governativa. In casa nostra possiamo permetterci di fare ciò che ci pare, tanto nessuno controlla. Appena usciamo dai confini (aspettando l'Inter che però è piena di non italiani) rimediamo figuracce. Eppure diciamo: ma qualcuno in Europa sta peggio di noi".

Pensa te, sembra che l’Inter abbia più possibilità di un governo. Ed è tutto dire.

Chiedo scusa per i toni. Prometto, visto il periodo di par condicio, di dedicare il prossimo post a figa e/o calcio e/o goliardia indistinta.

sabato 13 marzo 2010

Il film

Lacrime. Daniel ci ha lasciato, partendo per Perth alla ricerca di relax, un nuovo lavoro e ragazze da castigare prima di un ritorno nella sua Inghilterra. Lacrime. Le nostre, le sue, soprattutto quelle della padrona di casa alla quale Daniel non ha pagato l’ultimo mese. Delinquente romantico al quale non possiamo dire nulla se non ‘levati quel gel pirla’. Ma non ho mai trovato una traduzione appropriata. La casa ha gia' trovato i nuovi conquilini. La complicità tra noi ‘vecchi’ nel lanciarci occhiate alla vista dei visitatori è stata bellissima se tarata sul periodo relativamente breve condiviso. Jenny l'asiatica padrona di casa ha scelto: coppia francese. La casa segna 4 transalpini e un incremento demografico in quanto la stanza di Dan passa ai due fidanzati dalla erre moscia.
Li conosceremo, certo. Intanto pero', se fossi un regista, non ci metterei piu' di due minuti a capirei che qui ci sono gli uomini giusti per un film. Rapida carrellata sui protagonisti.

Summer: sapete già molto di lei. Insegnante di pole dance, lap dancer. Hippie. Cash in hand in settimana e weekend spesi in quello che considera il suo vero lavoro cioè decorazioni/allestimenti di festival hippie. Si dice vegetariana ma un paio di volte a settimana si compre un hamburger, l’agnello vale sempre ed il pesce la fa impazzire. Per redimersi mangia bacche, legumi, zuppe con tanto aglio. E sperimenta droghe naturali perché ‘La natura siamo noi’. Che fa effetto. SIa la droga che la frase. Adora ballare nel fango e regalarci pietre portafortuna ed acchiappasogni. Non si chiama Summer ma non le piaceva il nome anagrafico. Quando torno chiamatemi ‘Autunno’.

John: inglese, fidanzato con Liz. Forse ha finito la ricerca della sponsorizzazione per rimanere. Aveva paura di finire in Nuova Zelanda. Farà il meccanico. Ma lui in realtà è deejay e sta aspettando l’ok dal governo per farsi spedire i suoi turntables e la sua borsa coi vinili. Ci siamo trovati sulla musica. Fanatico del dub step, D’n’B, reggae. A differenza di Summer è assolutamente contro le droghe naturali. Credo preferisca le altre. E’ un tenerone e con Liz è dolcissimo. Rutta spesso ma chiede subito scusa con una gentilezza che poi è come se non avesse ruttato. Beve ginger e fuma sigari alla vaniglia. "E ma allora e' un signore", direte. Esatto lo e'. Ed e' per quello che sui rutti ci passo sopra.

Liz: fidanzata futura sposa (secondo lei) di John. Australiana con un'infanzia croata che le ha lasciato un certo senso della famiglia (nonostante credo abbia piu' sorellastre che dita delle mani) ed un decisionismo aggressivo molto bello. Pragmatica e concreta con la vita e con noi. Origini italiane portate fieramente nonostante le abbia spiegato che non e' periodo. Lavoratrice seria in qualita' di qualcosa che e' difficile da spiegare..lo riassumerei come 'segnalatrice di lavori in corso e deviazioni traffico'.

Quoc Phi&Marine: sono la favola francese. Studenti di meteorologia, qui per lo studio della meteorologia, conosciutisi durante una ricerca di meteorologia, ambiziosi a tal punto da voler a tutti i costi lavorare per il governo in qualita' di meteorologi. Ogni weekend e' l'occasione di prendere la macchina ed andare a fare una gita. Credo perche' lo stretto contatto con la natura gli suggerisca l'idea di meteorologia. Utilissimi per il domani. Nel senso che basta buttarla li' con uno "speriamo che domani faccia caldo" e nel giro di qualche secondo sai perfino le massime e le minime di Darwin, Geelong e Townsville. Solitamente quando iniziano a spiegarti perche' a Darwin ci sara' quella massima faccio finta di ricevere una chiamata perche' e' francamente troppo. Lei tenerissima, esteticamente secondo perfetti canoni francesi: lui di origine vietnamita, serioso e capoccia esagerata. Si', ce la fara'! A fare cosa? Credo il meteorologo.

E vi diro', vederli tutti giovedi' alla serata Uberlingua al Bar Open e' stato un piacere vero. Sissignori: il defunto St. Jeromes ha un erede che si chiama Bar Open. Dalla fredda cbd (dove il St. Jeromes riusciva a far sembrare Caledonian Lane un piccolo vicolo di Barcellona) si e’ andati in Brunswick St, la via della musica e degli artisti. Scelta azzeccata. Cambia la forma ma non la sostanza. Mi sono sentito nuovamente in Caledonian. Luci rosse e gialle, calde, caldissime, colori della pelle tremendamente diversi, inglese dall’accento mutevole ogni metro quadrato, temperature tropicali. Esibizione ok dopo il forte nervosismo iniziale. Dieci minuti di italiano, come richiesto, che come sempre passano rapidi come dieci secondi. Dj a mettere basi, vj a proiettare video, musicisti sparpagliati agli angoli della sala a suonare sulla base. Meraviglia vera. Sugli scudi un giapponesino tutto pepe dalla metrica molto interessante e e una donna di origine sudamericana che ha chiuso la serata a dovere.

Siparietto gradevole con un ragazzo molto simile a Notorious B.I.G. (sia nell’aspetto che nei modi). Ha ripetuto a più riprese di essere un pericoloso criminale appartenente alla gang dei Red Soldiers e si è stizzito nel non vedere nei miei occhi il terrore di un povero bianco europeo. Coraggioso non son mai stato e l’assenza di terrore era dovuta al fatto di aver visto le reazioni degli australiani alle frasi di quell’omone, liquidato da sberleffi, risate e simil coppini perfino da alcune donne. Coraggioso no ma buono sì. Sarà stato per quello che, prima di uscire dal locale insieme alla cricca, ho voluto incrociare il suo sguardo per poi distogliere rapidamente il mio con timore. Si sarà addormentato felice, pensando di aver spaventato un altro stupido europeo. Spero che abbia apprezzato il regalo.

martedì 9 marzo 2010

La dura legge del buio

Sarà un mese molto strano. Diciamo ‘mese’. Poi magari finisce che spostiamo il ritorno. Ma l’estensione è minima e poi ora non è tempo di pensare troppo. Quello succederà in automatico con il primo di aprile, l'unico giorno in cui potrò fare lo scherzo di dirmi ‘resto qui’ senza troppi problemi. Questo marzo proviamo a viverlo di gusto: lo facciamo finire con un bella (credo) serata di Uberlingua a Sydney dove canteremo in diverse lingue. Lo facciamo iniziare allo stesso modo con serata Uberlingua questo giovedì al Bar Open ed urge una certa preparazione che non mi sono ancora potuto permettere. Noozie ci prova. Riprova a provar gusto. Non ho, ad oggi, una visione chiarissima di come saranno questi giorni in mezzo ai due estremi. Giorni liberi, che banalmente senti tutti tuoi anche se hai tanto da fare e se torni a casa tardi. Giorni in cui non sentirò la farfalla dello stress nello stomaco come sentivo solo qualche mese fa. La sensazione perenne che provi quando sei a testa in giù sulle montagne russe. La stessa sensazione di perdizione che si avverte il primo nanosecondo in cui, toccandoti la tasca dei jeans, senti che il portafoglio non è al suo posto. La stessa sensazione che provi quando metti la mano in tasca e la tua mano non trova il cellulare che ormai è andato perduto. La stessa sensazione dei primi 30 secondi dopo una brusca sterzata a 100 Km/h per evitare un cretino che la precedenza non te la voleva proprio dare. Ultimi mesi così, con sensazioni di default e sensazioni cicliche come quella di un fratello irraggiungibilmente geniale, di una sorella incredibilmente felice, di genitori ultimi fieri testimoni del “La nostra vita è stata migliore di quella dei nonni”. Qualcosa ci doveva pur capitare: non ci siamo beccati la guerra; ci siamo goduti l’esplosione di internet; abbiamo perfino goduto del privilegio di assaporare la vita senza cellulare e quella col cellulare così da sviluppare uno spirito critico che non ci fa prendere per scontate certe cose. Ci tocca l’inversione di tendenza. Va bene. Il problema è che poi qui è anche buio pesto. E’ buio pesto in una stanza senza mobili.

Ecco, l’inversione di tendenza sono i mobili che ci hanno levato. E poi buio. Pesto. Mentre la morale, solitamente, illumina. Non ci sono piu’ regole lì. Nulla è sbagliato: basta solo aggredire o zittire chi te lo fa notare. I modelli davanti agli occhi sono ciò che i modelli dei nostri genitori avrebbero strenuamente combattuto. La politica ci ha diviso su qualsiasi tema e la politica è ancora considerata troppo importante per le nostre vite. Il ‘paese reale’( parola inflazionata quanto ‘giro di vite’ dello scorso 2009) è in quella stanza, al buio. Ho avuto la fortuna di vedere la luce prima di essere buttato in questo monolocale. Ma al mio fianco ci sono altri che sono nati nel buio oppure persone che credono di potersi muovere agilmente nel buio scambiandolo per luce. E continuano a farsi sanguinare il naso da tutte le testate che si stanno prendendo contro le pareti. E ci vivono bene, senza sentire alcun bisogno di uscire da lì. Noi (NOI) siamo a gattoni sul tappeto e, mentre questi cretini sorridenti si stampano sui muri, abbiamo la fortuna di vedere della luce che filtra da sotto una porta. La chiave era in quel mobiletto, ti ricordi? Mi ricordo. Il problema e’ che i mobili ce li hanno portati via.

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Consigli per gli ascolti

Mumford and Sons con ”Little Lion Man”, la canzone piu’ cantata e diffusa nei primi giorni di ostello.

Salmonella dub con “Longtime”.

Moltheni con “finta gioia”.

Se sta arrivando qualche grado centigrado in più e c’è aria di primavera allora Culcha Candela con “Solarenergie”

Ill inspecta con “Rude boy anthem” perchè l’ho consumata due anni e mezzo fa qui in Wellington parade e sono un nostalgico. Ma soprattutto perchè la seconda strofa è fatta di petardi (anche qui è valida l’opzione operazione primavera)

Court Jesters Crew con “we let the good times roll”..vedi sopra. Cosi’ vi voglio. Scatta la primavera e taac (http://www.youtube.com/watch?v=ZkO-p5RG7Kc

domenica 7 marzo 2010

Zelandia





CRONACHE:

Christchurch-lake tekapo-mt cook-glaciers-queenstown-milford sound-dunedin-christchurch. Questo il giro in sintesi, difficilmente sintetizzabile in un post ma ci si prova. Ho visto colori che pensavo esistessero solo con l'uso di photoshop..ho visto il ghiaccio e non l'ho mai visto cosi' vicino al mare. Ho sentito il sole scottarmi e la pelle tirare per il sale. Non so che cosa le diano da mangiare qui, ma la luna che ho visto all'alba del primo giorno era immensa, grassa, con personalita'. Grossa e grassa e bellissima. E non si dica grasso e' brutto. Per la prima, primissima volta nella mia vita mi sono emozionato guardando la natura.

Mi son sentito inutile. piccolo, piccolissimo. In un giorno sono stato punto dal ghiaccio, bagnato dalla pioggia, prima asciugato e poi scottato dal sole, poi ancora portato a spasso dal vento. Di fronte a tutto questo non contiamo un emerito cazzo. E così ripensiamo ai limiti e pensiamo. Tanto. Migliaia di km percorsi in compagnia di Antoine sulla nostra macchina con un'autoradio inutile che, appena si esce dalle grosse citta', gracchia e ti mette ancora di piu' di fronte al silenzio ed agli spazi. Centinaia di km percorsi dopo aver lasciato Antoine, lungo la costa risalendo verso Christchurch. Solissimo nel vuoto ma pienissimo di pensieri che appena mettono fuori la testa dalla mia, di testa, si accorgono anche loro del bello che c'e' fuori e si bloccano, come impazziti. Oggi mi sono accorto di non pensare. A Milano penso male, in Australia sto cercando di imparare a pensare bene per portarmi a casa il metodo. Qui non ho pensato, non son riuscito. In balia di scenari che cambiavano ad ogni curva, ad ogni valle. Avrei anche dovuto pensare? Qui non comandavo mica io.

IRONICHE:

Nuova terra del mare. Cosi' l'hanno chiamata i brillanti olandesi quando sono arrivati dopo essersi fatti un bel cannone. D'altra parte, da un popolo che fino ad ora come invenzioni ha tirato fuori gli zoccoli di legno e le zoccole in vetrina, non possiamo aspettarci tantissimo di piu. Se intendiamo come mare una massa d'acqua enorme allora si: il nome va bene. Aldilaà degli olandesi a me piace. Zelanda e' simpatico. Come tutte le parole che finiscono in 'nda'. Non so, mi mettono tranquillita' ed allegria: locanda, la spagnola bufanda, gioconda, bevanda. Un pò come quelle che hanno una P o B e una doppia F. Ecco quelle fan spisciare tutte: buffo, puffo, baffo, paffuto, piffero.

Compagno di viaggio era Antoine, francese e velista..fa regate insomma. Due cose spocchiose messe insieme. Mancava, non so, simpatizzante di Bondi ed amante di Tiziano Ferro. Alla fine si è rivelato il classicissimo transalpino dopo 3 giorni di viaggio. Ma era nervoso, mi ha detto. E noi lo si perdona. Tranne che per la notte a Queenstown. Ha fatto il brillante, lui. “Paga una notte per una persona. Poi entri in stanza e se c’è posto anche per me siamo a posto. Uno al prezzo di due”. Il letto c’era ma vaglielo a spiegare alla signorina che ha reclamato il letto all’una di notte che lui ha fatto il furbetto. Problema risolto? Consulteremo la carta di credito che in questi giorni ho strisciato con gusto. Ed è stato bello sentirsi rispondere al “Guarda che io non sono quel tipo di italiano” un bel “Io però son quel tipo di francese”. Cane.

Venendo a loro, gli zelandici: sono un popolo esteticamente brutto. C’è poco da dire. I maori sono un’altra cosa, loro sono affascinanti. Ma gli zelandici tipo son bruttini. Donne e uomini, soprattutto direi donne. Ho poi notato che sono leggermente più musoni degli australiani. Cioè, gentilissimi, cortesissimi e col sorriso pronto..ma ogni tanto ti può capitare quello con la luna storta. Che qui è solo leggerissimamente storta eh, però lo noti. Ma provate voi a vivere una vita nell’umido e nella pioggia. Avreste anche voi i maroni girati. Tipo i liguri. Il colore e l’allegria è stato dato, in ogni caso, dalla nutrita presenza di argentini che non potendo richiedere il Working Holiday Visa per l’Australia si riversano in New Zealand. Ah, ecco, un argentino col suo van è riuscito a colpirci in retromarcia. Però era ricciolino, parlava argentino e mi sono emozionato pensando potesse essere parente di Maradona. Quindi ci siamo abbracciati ed è finita lì. Per il resto, l’Italia ha il Salento come Jamaica della penisola. L’Oceania ha la sua isoletta che non è caraibica ma musicalmente sta spanne sopra. Perché? Non lo so. Il reggae è parte di loro. Già detto di Wellington come Kingston dell’emisfero ma la cosa che impressiona è l’ascolto che si può fare in ogni negozio e per le strade. Dentro un negozio di abbigliamento sono stato accolto con i Salmonella Dub; in un bar con i Fred Freddy’s Drop; in un supermercato sentivo i Katchafire. Patriottici e profondamente jamaicani. Profondamente fighi. E sentire il menestrello in strada che ti suona i suoi pezzi in levare non ha prezzo. Ogni paese ha la musica che si merita. O forse, ogni musica ha il paese che si merita? Anche qui, non lo so. La domanda retorica ci porta a rispondere Valerio Scanu.

Le cose serie sono già state esposte nelle ‘cronache’. C’è poco da dire se non che il rientro anticipato di un paio di giorni dipende dall’aver macinato km in pochissimi giorni e dal bisogno di risparmio di qualche dollaro. Che potrà tornare utile. Ho trovato una Melbourne sotto assedio meteo. Ieri mi sono perso il temporale peggiore degli ultimi anni con allagamenti e uffici chiusi. In ogni caso qui la natura vince e l’uomo si arrende. Bello e romantico. Non una polemica per l’allagamento. Non una guerra sulle responsabilità. Sulla questione è intervenuto il vice sindaco di Milano decorato dicendo “Noi l’avevamo detto. E i nostri mezzi spargisale funzionano benissimo”. Così, giusto per rompere i coglioni. Non mi perdo invece gli insetti che stanno venendo fuori con l’umido e che mi hanno già dato il bentornato. Una lumaca sulla parete ovest del bagno mi ha sorriso e qualche verme ha tentato di abbracciarmi Un po’ come gli australiani: calorosi da subito.

Adesso è ora di studiare. Giovedì si canta al Bar Open per Uberlingua. Dieci minuti ad mc, dj, ballerine e musicisti. Un circo in cui Sbirulino non può permettersi di sbagliare.